lunedì 19 dicembre 2016

ARTE E MALATTIA

Arte e malattia
Pochi giorni fa, al Palazzo Serra di Cassano a Napoli, si è svolto il convegno sul rapporto tra Arte e Malattia.
Un argomento di grande attualità da vagliare alla luce delle più aggiornate conoscenze sviluppate nell’ambito delle neuroscienze. Al convegno sono stati invitati numerosi specialisti a confrontarsi sul come la malattia e la disabilità, non solo non ostacolano le attività artistiche ma, in molti casi, sono l’origine stessa di quest’ultime e svolgono una funzione di motore propulsivo.
Numerosi sono i casi che si possono elencare e di svariati campi. Schumann, ad esempio, era affetto da schizofrenia paranoide; Paganini deve il suo virtuosismo alla sua abnorme mobilità delle dita causata dalla Sindrome di Marfan; Goya, nell’ultima fase, delle sue pitture nere, causata del Saturnismo (intossicazione da piombo – stessa intossicazione diagnosticata per lo scapigliato Tranquillo Cremona, stroncato a soli 41 anni), acufeni, vertigini, disturbi della vista e la sordità che lo isolò dal mondo cambiando la sua sensibilità pittorica, gli fa produrre opere straordinarie e moderne; o come Monet e Degas, affetti da malattie oculari che ne hanno compromesso la visione “normale” e hanno mutato il loro modo di dipingere, spesso migliorandolo (tranne l’aggravamento della cataratta, come evidenziato nella foto).
Dean Simonton (studioso dell’intelligenza umana) sostiene che le creatività eccezionali, di solito, non provengono da situazioni familiari e educative di tipo protettivo. Il più delle volte sono il risultato di esperienze sfidanti che sottopongono il soggetto a rinforzare le abilità individuali e superare gli ostacoli.
La creatività in casi d’infanzie difficili, di malattie e disabilità, agisce come una potente medicina in alternativa all’emarginazione e alla depressione. Questo, naturalmente, non vuol dire che la malattia debba essere la premessa per essere artisti eccezionali.
A seguire alla lettera le conclusioni di tanti ricercatori, instancabili a passare sotto la lente, i grandi personaggi dell’arte e della storia, attentando all’attrazione che suscitano sui comuni mortali, ci disorienta non poco e non ci tranquillizza per niente.
Non molto tempo fa il neurologo australiano Noel Dan sul Journal of Clinical Neuroscience concluse che l’impressionismo di Monet, Degas e Renoir è frutto della miopia. Anche a fine Ottocento sia il critico Louis Leroy che aveva coniato il termine Impressionismo (in senso dispregiativo), sia gli altri critici, ritenevano che questi pittori avessero problemi di vista ma per denigrarli.
I difetti della vista occupano un posto di prim’ordine fra quelli riscontrati nella lista dei pittori: di Van Gogh si ritiene soffrisse di xantopsia, una distorsione nella percezione dei colori che porta a vedere il mondo con molto più giallo di quanto ce ne sia davvero. Probabilmente sviluppata perché beveva assenzio o perché i suoi disturbi di mania ed epilessia venivano curati con la digitale (come sedativo anti convulsionante). L’astigmatismo sarebbe, invece, la causa dei profili allungati di Modigliani e delle figure magre di EL Greco. ’E stato dimostrato che utilizzando degli occhiali per astigmatici le figure di questi autori rientrano nelle proporzioni normali.
John O’Shea ricercatore presso la facoltà di storia medica della Worshipful Society of Apothecaries di Londra, ha riempito le pagine di un intero libro, offrendo un quadro reale dei compositori e delle loro malattie: la sordità di Beethoven, la malattia mentale di Schumann, l’afasia di Ravel, l’insufficienza renale cronica di Mozart, ecc. Con l’intento di rintracciare i segni della genialità nelle caratteristiche fisiche ci s’imbatte su quanto l’arte sia stata influenzata dalle condizioni di salute dei suoi autori mettendo in discussione ipotesi e miti che parevano consolidati.
La storia dell’arte è piena di artisti affetti da gravi malattie mentali quali la schizofrenia oppure tormentati da nevrosi e disturbi della personalità spesso con epiloghi estremi nel suicidio. Dal grande architetto del ‘600, depresso da una cronica insonnia al famoso caso di Van Gogh, che ha saputo esprimere nei suoi capolavori l’angoscia e il mal di vivere. Sul suo caso per ipotizzare una diagnosi postuma alla luce delle esperienze cliniche più recenti, almeno 150 psichiatri hanno concluso con 30 diagnosi diverse. Per citarne solo alcune: schizofrenia, disturbo bipolare, sifilide e alcolismo.

Anche l’autore del famoso “Urlo”, Munch si ritiene fosse affetto da schizofrenia, come la sorella Laura. L’opera, rappresentazione simbolica dell’uomo contemporaneo, rivela la condizione psicotica dell’artista stesso che rivedendola affermerà: “Solo un folle poteva dipingerlo”. Il matto più popolare del ‘900, anche per via di una fiction televisiva, è stato Antonio Ligabue. Senza dimenticare uno straordinario talento di nome Tancredi, che con la diagnosi di schizofrenia paranoide finì la sua vita col suicidio. L’elenco potrebbe prosegue ancora, ma giusto per chiudere, soltanto alcuni nomi: da Jackson Pollock, ostacolato da continui problemi di alcolismo che lo tormentavano, a Jean Michel Basquiat, personalità in profondo conflitto con se stessa; da Mark Rothko che dopo una lunga depressione si uccise, a Francis Bacon che ha tradotto il disagio esistenziale nei suoi scomposti e deformati ritratti; senza tralasciare la grande Camille Claudel che ha concluso la sua vita depressa e con manie di persecuzione, internata in un manicomio.

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